Ennesima, ma non sappiamo più come raccontarlo, chiusura positiva per Wall Street venerdì scorso, con l'S&P 500 in rialzo dello 0,3%, il Dow in guadagno dello 0,97% e il Nasdaq in chiusura positiva dello 0,1%, con quest’ultimo appesantito dal ribasso dei titoli tecnologici, in particolar modo Nvidia (-3,2%) e Alphabet (-1,7%). Le azioni mega cap hanno avuto performance contrastanti, con Tesla in guadagno del 3,8%, mentre Meta e Amazon hanno visto perdite modeste, scendendo rispettivamente dello 0,7% e dello 0,6%.
La rotazione degli investitori dalla tecnologia a settori economicamente sensibili come finanza, industria e beni di consumo discrezionali ha sostenuto guadagni di mercato. Inoltre, Wall Street attende l'annuncio di Trump relativamente al futuro segretario al Tesoro, una decisione che potrebbe influenzare il sentiment del mercato. Inoltre, l'ex procuratore generale della Florida Pam Bondi è stata selezionata come procuratore generale degli Stati Uniti, dopo il ritiro della candidatura di Matt Gaetz.
Nella settimana, l'S&P 500 e il Nasdaq hanno chiuso in rialzo dell'1,7% ciascuno, mentre il Dow è cresciuto del 2,1%. I dati USA sono ancora resilienti, pertanto analisti e investitori sono consapevoli del fatto che la Fed possa rallentare il ritmo del taglio del costo del denaro, mentre altrove, si segnala la necessità, per altre banche centrali, BCE in primis, di ridurre i tassi per far ripartire economie in evidente rallentamento.
VALUTE
Non possiamo non cominciare dall’EurUsd che venerdì mattina, in seguito alla pubblicazione dei dati sui PMI per Francia e Germania, in netto calo (a parte un leggero recupero del manifatturiero tedesco, comunque in area 43), è crollato di 110 pips in meno di cinque minuti, da 1.0440 a 1.0330, per poi tornare lentamente verso 1.0430 e consolidare poi per il resto della sessione sopra 1.0400, ma comunque sotto al livello chiave di supporto precedente di 1.0460, ora divenuto resistenza molto importante.
Tecnicamente abbiamo violato il primo supporto di medio termine e potremmo a questo punto ritornare verso il successivo livello chiave posto a 1.0340-50 che, se abbandonato, potrebbe lasciar spazio a un ribasso verso la parità almeno. Il dollar index, dal canto suo, ha rotto al rialzo andando al test del doppio massimo già visto il 21 novembre del 2022, due anni orsono e ora, il livello successivo, è posto a 109.00, massimo del luglio 2022 e minimo correttivo del 27 ottobre del medesimo anno.
Via libera quindi per ulteriori rivalutazioni del biglietto verde, che beneficia di un delta tasso (dovuto a una differenza di crescita macroeconomica) e di una configurazione tecnica estremamente favorevole alla divisa USA rispetto alle principali valute concorrenti. Vanno ovviamente ricordati gli eccessi tecnici, per cui qualche correzione diventa non solo possibile, ma indispensabile per avere poi, il trend originario, il tempo e la forza di ripartire.
Le uniche ragioni per vedere un dollaro scendere saranno legate agli effetti negativi delle promesse di Trump su debito pubblico e sui rapporti commerciali con quei paesi a cui Trump vorrebbe applicare i dazi doganali all’importazione di beni e servizi negli USA. Tra questi, Messico, Cina, Europa. Ma se succederà, non è ora, ma tra almeno due-tre mesi, per cui forse c’è ancora tempo per il biglietto verde di fare nuovi massimi.
Vi è poi un altro caso sensibile di possibile ribasso del biglietto verde, e questo è rappresentato dalla BoJ, la quale potrebbe far invertire la rotta al UsdJpy e di conseguenza, per correlazione, a tutto il mercato, nel caso intervenisse come nel recente passato. È già successo e potrebbe accadere di nuovo. UsdCad sempre sopra 1.3940, supporto chiave per poter scendere mentre 1.4050 è la resistenza cruciale, che se rotta, porterebbe i prezzi a 1.4250 e 1.4650 come target.
Segnaliamo poi il movimento di EurChf, crollato venerdì a 0.9204 per poi tornare sopra 0.9315 in serata su probabile sostegno della SNB. UsdChf che ha rotto le prime resistenze e sembra puntare a 0.9000. Gbp che rimane sopra 1.2500 contro dollaro ed EurGbp sempre a ridosso di 0.8300.
USA, PMI IN RIALZO
L'indice PMI composito statunitense è salito a 55,3 a novembre 2024, rispetto al 54,1 del mese di ottobre. Si tratta della crescita più forte dall’aprile 2022. Tuttavia, la crescita è rimasta disomogenea nell'economia, con il settore dei servizi in forte espansione, 57 contro 55, mentre il settore manifatturiero ha continuato a contrarsi, 48,8 contro 48,5.
L'aumento dell'attività ha riflesso una domanda crescente, con nuovi ordini in forte aumento, mentre l'occupazione è diminuita per il quarto mese consecutivo, e l'inflazione dei prezzi alla produzione è scesa al livello più basso dal giugno 2020. Le aspettative delle aziende per la produzione hanno raggiunto il livello più alto dal maggio 2022, spinte dalle aspettative di tassi di interesse più bassi, una crescita economica più forte e politiche aziendali più favorevoli sotto la nuova amministrazione nel 2025.
I dati positivi sul settore dei servizi e le aspettative favorevoli potrebbero rafforzare la fiducia degli investitori verso i mercati azionari, soprattutto nei settori orientati a consumo e tecnologia. Tuttavia, il settore manifatturiero potrebbe rappresentare un freno alla crescita complessiva. L’inflazione e il lavoro diventano i veri catalizzatori, perché un loro rallentamento potrebbe finalmente incoraggiare la Federal Reserve a mantenere un approccio più accomodante verso i tassi di interesse.
La dinamica attuale, comunque, mostra un'economia che si sta adattando, con un settore dei servizi come principale motore di crescita, mentre il manifatturiero si trova ad affrontare ancora sfide significative, non solo negli USA.
PMI GERMANIA, È NOTTE FONDA
L'indice PMI della Germania è sceso a 47,3 a novembre 2024, il minimo degli ultimi nove mesi, rispetto al 48,6 di ottobre e ben al di sotto delle previsioni di 48,6. La lettura ha mostrato che l'attività aziendale è scesa per il quinto mese consecutivo e al ritmo più rapido da febbraio.
La debolezza sostenuta nel settore manifatturiero, 43,2 contro 43, è stata aggravata dalla discesa dell'attività dei servizi, 49,4 contro 51,6. La domanda più debole di beni e servizi ha portato a ulteriori perdite di posti di lavoro e l'inflazione dei costi di input e dei prezzi di output è salita al massimo degli ultimi tre mesi, riflettendo maggiori pressioni sui prezzi nel settore dei servizi.
D'altro canto, le aspettative aziendali nel frattempo sono ulteriormente aumentate rispetto al recente minimo di settembre, sebbene la fiducia fosse ancora attenuata rispetto agli standard storici in un contesto di incertezza economica e politica.
SETTIMANA ENTRANTE
Importante numero di dati in uscita questa settimana dagli Stati Uniti. Oggi, 25 novembre, è festa negli USA (Giorno del Ringraziamento), ma i dati non tarderanno comunque ad arrivare, in particolare i verbali del FOMC, i dati sull'inflazione PCE e quelli relativi a reddito e spesa personali.
Non si possono dimenticare i numeri relativi alla seconda stima di crescita del PIL del terzo trimestre, l’indice di fiducia dei consumatori del Conference Board, gli ordini di beni durevoli, gli utili aziendali e l'indice dei prezzi delle case S&P/Case-Shiller.
Relativamente ad altri paesi e aree, segnaliamo la pubblicazione relativa all’inflazione in alcuni paesi, tra cui Australia, Spagna, Germania, Paesi Bassi, Francia, Polonia, Eurozona e Italia.
Occhio anche al PIL della Turchia, Svizzera, India e Canada. Infine, è necessario ricordare il tasso di disoccupazione tedesco, l'indice Ifo Business Climate, la fiducia dei consumatori Gfk e i dati sulle vendite al dettaglio.
Per quanto riguarda la Nuova Zelanda, c’è attesa per la decisione sui tassi di interesse da parte della RBNZ. In Giappone, vendite al dettaglio e produzione industriale.
Buona giornata e buon trading.
Saverio Berlinzani
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